domenica 30 dicembre 2007

Rivolgersi allo psicologo? Risposta ad Anonima del 13 ottobre 2007

Commento lasciato da Anonimo del 13/1072007

Buonasera. Non so perchè sto scrivendo in richiesta di consigli...forse perchè proprio i miei genitori,esasperati,mi hanno spinto a farlo...il che non è un segnale positivo, in alcun senso. ormai da due anni soffro di problemi di alimentazione, ormai da un anno e mezzo sono alla ricerca di un equilibrio, che, se trovato, non riesco a mantenere...il cibo è un problema quotidiano, incostante, logorante, che trascina con sé corpo e mente.
Non vorrei rivolgermi ad uno psicologo, non sono disposta a parlare delle cause che hanno mosso e che, a dispetto del tempo, continuano a muovere i miei sfoghi. almeno non ancora. Vorrei alcuni consigli per uscirne. perchè è una spirale che spinge sempre più in basso. e perchè ogni volta che mi riprometto di sconfiggermi da sola, poi mi ritrovo nella stessa situazione di prima, se non peggio, e prendendo coscienza del mio stagnare sul fondo, ho paura di lasciarmi amdare oltre, per timore di non sapermi più fermare. cosa oltretutto attuale.
Cerco l'aiuto di un esperto, se così può chiamarsi. un esperto, se davvero è possibile questo concetto. Vorrei farcela da sola, ma gli impulsi sono troppo deboli. mi deprime la consapevolezza di soffrire dei miei segreti, vorrei aver già conquistato un equilibrio per poter approfittare delle occasioni senza prevaricazioni, ma non ne sono in grado. e questo mi spaventa.
Mi celo dietro un secco anonimo, con una maschera sul volto che ancora non so bene di voler rimuovere definitivamente. Grazie dell'attenzione. e mi scuso per lo sfogo.

Risposta al commento di Anonimo
Gentile scrivente,innanzitutto ci deve scusare per il ritardo con cui rispondiamo alla sua lettera. Abbiamo traslocato il nostro centro in una nuova sede e abbiamo dovuto impegnare molte energie.
Partiamo dalla fine della sua lettera: il suo è solo uno sfogo? Quando si parla o si scrive a qualcuno l’obiettivo può essere quello di “scaricare” un pensiero o un’emozione; ma può esserci anche il desiderio di condividere pensieri ed emozioni difficili con altri, che possono ascoltare e provare a capire.
Certamente la sua lettera esprime quella che noi psicologi chiamiamo un’ambivalenza: lei vorrebbe chiedere aiuto ma, allo stesso tempo, lo considera un segnale di debolezza; vorrebbe qualcuno che la consigliasse sul da farsi ma pensa di fare da sola, di trovare un equilibrio per conto suo; accenna a delle cause che potrebbero dare senso alle sue difficoltà ma non è disposta a parlarne più esplicitamente; esce allo scoperto con il suo problema scrivendoci, ma dietro una maschera che la trattiene in una condizione di anonimità.
A me pare che in questa sua incertezza esistenziale ci sia un punto di forza e uno di debolezza.
Il punto di forza è rappresentato dal tentativo che lei ha fatto per un anno e mezzo, e forse più, di impegnarsi in prima persona per risolvere i suoi problemi, rinunciando ad effettuare una comoda delega agli altri. E, tuttavia, lei segnala la presenza di una parte di sé forte e travolgente - forse, aggiungo io, perché sconosciuta e anonima a lei stessa - che non riesce a gestire.
E qui entra in ballo il punto di debolezza: dopo aver tentato, ritentato e costatato un certo fallimento delle sue strategie “terapeutiche” lei insiste nel pensare che deve fare tutto da sola. Non crede che l’aiuto di un interlocutore competente potrebbe aiutarla? Mi pare di capire che lei consideri un segnale di debolezza aver seguito il consiglio dei genitori di rivolgersi a qualcuno e voglio rassicurarla: noi psicologi non siamo genitori, anche se condividiamo con questi ultimi lo status di adulto e la propensione a prenderci cura degli altri. Siamo, come lei scrive, esperti, cioè persone che da molti anni lavorano con i ragazzi non per curarli ma per aiutarli a mantenere e stabilizzare un volo, affascinante ma difficile, dall’adolescenza verso l’età adulta.
Ciò che a me pare il nemico più insidioso per lei non è tanto il problema dell’alimentazione quanto quella che lei chiama stagnazione. Io la definirei uno stato di incartamento e chiusura in se stessa che impedisce di vivere la vita in tutte le sue manifestazioni (incluso il piacere di mangiare). Se vive a Roma e vorrà venirci a trovare troverà persone interessate a discutere con lei cosa fare. Se invece vive in altre località, potremo darle l’indirizzo di esperti che lavorano in altre città italiane.

Cari saluti e auguri, Emilio Masina

martedì 30 ottobre 2007

Domande e Risposte 2

commento di Liliana - lasciato il 22/10/2006

Vorrei che qualcuno raccogliesse questo messaggio in bottiglia nel mare informatico. Sono una ragazza di diciotto anni che ha avuto una grossa delusione d’amore. Il mio ragazzo, che ha ventotto anni, mi ha bruscamente scaricata ed è sparito. Il suo telefonino è staccato oppure non risponde. Non so darmi pace perché stavamo bene insieme nonostante la differenza di età. Dove ho sbagliato? Perché è andato via? Perché non mi ha detto niente? Avrà trovato un’altra e non voleva ferirmi? Gli sarà successo qualcosa? Non posso chiamare a casa sua perché la nostra relazione era segreta e non so cosa dire ai suoi. Che fare? Sono solo io ad avere avuto questa esperienza o è capitato ad altri? Penso spesso di farla finita con questa vita orribile e beffarda. Qualcuno mi può aiutare?
Liliana

commento di Anonimo - lasciato il 13/10/2007 alle 19:13
Buonasera. Non so perchè sto scrivendo in richiesta di consigli...forse perchè proprio i miei genitori,esasperati,mi hanno spinto a farlo...il che non è un segnale positivo, in alcun senso. ormai da due anni soffro di problemi di alimentazione, ormai da un anno e mezzo sono alla ricerca di un equilibrio, che, se trovato, non riesco a mantenere...il cibo è un problema quotidiano, incostante, logorante, che trascina con sé corpo e mente.

Non vorrei rivolgermi ad uno psicologo, non sono disposta a parlare delle cause che hanno mosso e che, a dispetto del tempo, continuano a muovere i miei sfoghi. almeno non ancora.
Vorrei alcuni consigli per uscirne, perchè è una spirale che spinge sempre più in basso, e perchè ogni volta che mi riprometto di sconfiggermi da sola, poi mi ritrovo nella stessa situazione di prima. Se non peggio.
E prendendo coscienza del mio stagnare sul fondo, ho paura di lasciarmi amdare oltre, per timore di non sapermi più fermare. cosa oltretutto attuale. Cerco l'aiuto di un esperto, se così può chiamarsi. un esperto, se davvero è possibile questo concetto.
Vorrei farcela da sola, ma gli impulsi sono troppo deboli. mi deprime la consapevolezza di soffrire dei miei segreti, vorrei aver già conquistato un equilibrio per poter approfittare delle occasioni senza prevaricazioni, ma non ne sono in grado. e questo mi spaventa.
Mi celo dietro un secco anonimo, con una maschera sul volto che ancora non so bene di voler rimuovere definitivamente. Grazie dell'attenzione. e mi scuso per lo sfogo.