lunedì 27 febbraio 2012

Appello per l'Istituto di Neuroposichiatria Infantile Università di Roma

Nel 2011 muore Giovanni Bollea, il padre della Neuropsichiatria Infantile. A poca distanza da questo evento luttuoso anche la disciplina da lui voluta e fatta crescere in tutta Italia sta correndo il rischio di morire dal punto di vista accademico ma, ancor prima, assistenziale a causa della persistente carenza di organico che rende difficile il mantenimento dei livelli elementari di assistenza (ricoveri ordinari e diurni, copertura dei turni di presenza pomeridiana e notturna, ricoveri d’urgenza e consulenze al DEA Centrale e Pediatrico).
L’appello è lanciato dai medici e dagli infermieri dell’Istituto di via dei Sabelli del Policlinico Umberto I che il 27 febbraio prossimo, alle ore 19:00, celebreranno provocatoriamente il funerale della Neuropsichiatria Infantile presso l’Aula magna del medesimo istituto che l’ha vista nascere e crescere.
Più di 6000 sono le visite ambulatoriali annuali e le presenze nei Servizi diurni dell’Istituto (patologie neurologiche, psichiatriche, disabilità dello sviluppo), più di 700 i ricoveri nei Reparti. Eppure questa realtà così ricca di esperienza e di competenze viene ignorata dall’Amministrazione. Come operatori della cooperativa siamo solidali con l’iniziativa dei nostri colleghi con cui abbiamo tante volte collaborato nella cura di giovani che vivono un grave disagio psicologico. Il loro lavoro con gli adolescenti, incardinato intorno ad un Servizio di psicoterapia, un Centro diurno e un Reparto per i ricoveri, è tanto più prezioso perché si colloca in quella che possiamo definire un’area intermedia, uno spazio di frontiera, quasi del tutto assente sul nostro territorio.
Mancano in Italia spazi destinati alla cura degli adolescenti!
Nell’organizzazione del nostro Servizio sanitario nazionale (ASL) la presa in carico degli adolescenti è ancora suddivisa fra il Dipartimento Materno Infantile (che segue i ragazzi fino a 18 anni di età e il Dipartimento di Salute Mentale (che li segue dai 18 anni in poi). Nonostante l’impegno profuso da tanti colleghi, la filosofia che sembra ispirare questa organizzazione è che l’adolescenza come fase specifica non esiste e, quindi, non è necessario istituire Servizi idonei a rispondere al bisogno. Forse appoggiandosi al criterio cronologico – i diciotto anni di età – che sancisce, convenzionalmente, la maturità necessaria ad acquisire alcune competenze (guidare, votare, ecc.) questa organizzazione rappresenta simbolicamente un brusco passaggio dalla condizione di bambino a quella di adulto. L’adolescenza ignorata viene così artificialmente "spezzata" in due parti: la prima, simbolicamente legata al "regno" del materno e dell’infantile – e sappiamo bene quanto gli adolescenti abbiano paura di essere considerati ancora bambini e di regredire ad uno stato di grande dipendenza dai genitori; la seconda, al "regno" della salute (patologia) mentale – che evoca negli adolescenti la paura di essere e di essere diagnosticati malati. Insomma ci si muove entro un quadro normativo rigido, fortemente orientante la domanda e l’azione dell’utenza. Mancano, insomma, strutture intermedie, come il Centro diurno di Neuropsichiatria Infantile, che si collochino fra l’intervento di consulenza o di psicoterapia e il ricovero psichiatrico. E mancano Reparti che, in continuità con il lavoro del centro diurno e del servizio di psicoterapia possano ricoverare e poi seguire nella dimissione adolescenti bisognosi di un forte contenimento psicologico. Per queste ragioni ci uniamo alla mobilitazione degli operatori dell’Istituto augurandoci che le autorità sanitarie e amministrative siano in grado di cogliere il valore di questa realtà e di fornirle i mezzi per vivere.
Il Presidente e i Soci di Rifornimento in volo

mercoledì 1 febbraio 2012

Giovani sfigati?

Emilio Masina

Prima i giovani italiani sono stati definiti “bamboccioni”, poi “la parte peggiore dell’Italia” e ora sono chiamati “sfigati”. Perché ministri e viceministri di diversi governi italiani si accaniscono ad irridere i giovani adulti che non riescono in tempi rapidi a laurearsi e a trovare una casa e un lavoro stabile? Colpisce l’insistenza di quanti, installati in un ruolo di potere, irridono gli svantaggiati. Ma, ancora di più che, in un mondo complesso come il nostro, le categorie usate siano ancora prettamente individualistiche: è il soggetto l’artefice del suo insuccesso e nulla conta il contesto in cui è inserito. Eppure questi signori provengono da famiglie e ambienti privilegiati che li hanno proiettati in carriere velocissime, quasi fulminee (il viceministro Martone era ordinario a 29 anni quando in Italia un comune mortale diventa ordinario, se lo diventa, dovendo affrontare la schiera di agguerriti raccomandati, non prima dei cinquanta-sessanta); oppure si sono appoggiati a partiti e gruppi di potere, difendendo anche gli indifendibili pur di lucrare una posizione di vantaggio.
Il sistema capitalistico ha bisogno di illudere la gente che si va avanti solo con il merito e non con le opportunità: ad esempio, l’accessibilità a decorose condizioni di vita e, soprattutto, ad una buona istruzione. Così l’ascensore sociale, che dovrebbe consentire ai figli dei poveri di migliorare le proprie condizioni di partenza, è fermo, mentre le diseguaglianze sono sempre più in aumento.
Anche gli adolescenti e i giovani adulti disagiati che seguiamo in cooperativa e nei nostri studi usano a volte le stesse categorie individualistiche, anche se si trovano dall’altra parte della piramide: la parte di chi non riesce a farcela. Hanno famiglie problematiche ma premurose, insegnanti capaci e psicologi preparati. Eppure sembrano ignorare quello che l’ambiente offre loro. Dicono che è inutile sforzarsi, che sono nati sfigati. Si rifiutano di fare fatica. Per non deludersi, rifiutano qualsiasi speranza.
Dal vertice e dalla base della piramide adulti che sembrano onnipotenti e giovani che si dicono impotenti invece che assumersi la loro quota di responsabilità per cambiare il mondo colludono nell’avallare una società falsa e ipocrita, dove solo il denaro e l’asservimento ad un “santo in paradiso”, tracciano la rotta da seguire.
Voi cosa ne pensate?