mercoledì 27 aprile 2011

Dobbiamo diventare tutti delinquenti?

Caro professor Masina, insegno italiano e storia in un liceo classico e sono capitata per caso sul sito della cooperativa. Sono sempre alla ricerca di interlocutori che mi aiutino a riflettere sulla mia esperienza di insegnamento, in modo da renderla vitale e non ripetitiva. Leggendo le cose che scrivete a me pare di dover dissentire su un punto: i giovani di oggi, almeno molti di quelli che incontro a scuola, non mi sembrano depressi, scoraggiati da un confronto con un mondo che vivono come frustrante e lontano dai loro bisogni. Mi paiono piuttosto animati da una eccitazione, da uno “spirito animale”, che forse è esistito in tutte le epoche fra i giovani ma che oggi sembra avere preso di gran lunga il sopravvento rispetto alla capacità di leggere criticamente gli eventi della realtà per potere individuare una propria, costruttiva, linea di comportamento. Quando ci fermiamo in classe a discutere dei fatti che accadono nel mondo sempre più spesso i ragazzi, anche quelli più intelligenti e preparati, si lasciano andare a ragionamenti bellicosi e arroganti nei confronti dei più deboli (extracomunitari, rom, immigrati) e sembrano invece sedotti da quanti, uomini politici, calciatori, veline o protagonisti dello spettacolo, hanno potere o semplicemente visibilità. Le loro energie, i loro sogni sembrano protesi verso il cono di luce dei riflettori. Ma ciò che a me più preoccupa è il loro atteggiamento di sfida e di disprezzo verso chi svolge onestamente e con competenza il proprio lavoro ma non ha status; almeno lo status dato dai soldi e dalla fama. Tempo fa, un mio collega ha trovato sulla cattedra un pacchetto di soldi finti accompagnato da un biglietto anonimo che diceva: “Per uno sfigato”. I ragazzi si sono giustificati dicendo che era uno scherzo innocuo ma a me pare un indicatore di una certa gravità. Non è colpa tutta degli studenti, naturalmente: già molti anni fa Mc Luhan diceva che nel mondo, ormai diventato un “villaggio globale” a causa dello sviluppo dei mass media, qualsiasi evento, anche un albero che cade nella foresta, se non è ripreso da una telecamera, non è mai avvenuto, non esiste. E oggi la cultura che sembra dominante, quella del “ghe pensi mi” e del “fora da le ball”, non incoraggia certo il ragionamento e la convivenza civile. Mi chiedo però come faremo noi adulti a recuperare il terreno perduto, ad aiutare le nuove generazioni a non lasciarsi andare al conformismo, all’apparenza vuota di contenuti, all’esigenza di un godimento senza più la mediazione della mente. Lei che ne pensa? Grazie, Marisa Giona



Risposta


Gentile insegnante, concordo pienamente con la sua analisi. Anzi, voglio raccontarle una mia esperienza. E’ fisiologico, anzi è indicatore di una relazione viva e spontanea che psicologo e paziente si trovino talvolta a non concordare sul significato da attribuire ad un evento o a un comportamento adottato. Ma di recente è successo qualcosa che non mi era mai accaduto prima, in trenta anni di professione. Due diverse persone mi hanno accusato di danneggiarle, usando questa argomentazione: “Se lei ci aiuta a cambiare e ad entrare di più in contatto con la realtà – si parlava, in particolare, del loro lavoro - ci impedisce di adattarci ad ambienti dove ormai regna il menefreghismo e la delinquenza e quindi ci costringe ad entrare in conflitto con i nostri colleghi! Così invece di stare meglio staremo peggio!”. In altre parole, i pazienti mi chiedevano di aiutarli a colludere di più, a sostenere le loro azioni inappropriate, piuttosto che ad analizzarle per leggerle criticamente. Mi pare che, al momento, qualsiasi agenzia che si proponga di educare, come la scuola, oppure di fermare gli agiti che servono ad evacuare la tensione psicologica per aprire uno spazio di pensiero, come la psicoanalisi, sia fortemente messa in discussione dall’ideologia che Massimo Recalcati, nel suo ultimo libro (Cortina ed.), definisce quella dell’”Uomo senza inconscio”. Un uomo, cioè, che non si pone più come soggetto di un autentico desiderio ma che diventa portavoce di un godimento sregolato e immediato. Quale ne sia la causa - Recalcati cita Lacan e parla dell’ eclissi del padre e della sua funzione normativa e regolatrice - l’unica cosa che possiamo fare è tenere duro, non scoraggiarci nell’andare contro tendenza, non stancarci di segnalare quanto sia importante esplorare l’estraneo che è fuori di noi ma anche in noi stessi, per promuovere una convivenza ricca di scambi vitali. Mi pare che dobbiamo contrastare la tendenza a chiudersi nel proprio narcisistico “orticello” e rilanciare, in tutte le occasioni possibili, confronti argomentativi, conflitti intelligenti con chi non la pensa in maniera diversa. Auguri di buon lavoro, Emilio Masina