sabato 10 marzo 2012

NO TAV

Vedere in televisione il giovane adulto che in Val di Susa chiama il carabiniere pecorella e gli chiede se bacia la ragazza con la maschera antigas per evitare malattie non è stato un bello spettacolo. Ma ci ha consentito di capire che quello del ragazzo è stato un atto provocatorio, un pò bullo ma non delinquenziale, così come è stato invece presentato dai mass media. Quanti di noi sono stati apostrofati ben più duramente dai propri figli adolescenti e piuttosto che reagire emotivamente all’offesa, magari con una punizione che avrebbe innescato una spirale di reazioni e controreazioni, hanno cercato di capire cosa c’era dietro quelle esplosioni, quelle scorciatoie semantiche, del resto così praticate anche dagli adulti?
Al silenzio positivo del carabiniere, anche perché la sproporzione delle forze fra lui e il suo plotone armato fino ai denti e il giovane armato solo della sua strafottenza era evidente, si è sovrapposto il rumore assordante di quanti vorrebbero un mondo senza conflitti dove nessuno interroga e disturba chi ha le leve del potere. Un mondo che è nascostamente violento, basta vedere i giochi della finanza che impoveriscono interi Paesi, ma che non tollera alcuna rappresentazione esplicita di aggressività. Una soap opera infinita dove l’unica rabbia consentita è quella sul campo e sugli spalti del calcio.
Eppure senza conflitto non si costruisce una democrazia ma nemmeno la personalità di un figlio. Senza conflitto non vi è crescita ma arresto evolutivo o, peggio, ritiro dalle relazioni e chiusura in se stessi. Il nostro lavoro di psicoterapeuti consiste spesso nel rianimare persone che hanno a lungo e con la complicità di compiacenti interlocutori eluso i propri problemi: rimuovendoli massicciamente, stordendo e depistando la propria mente in tanti modi diversi. Altre volte ci occupiamo di contenere la violenza, di orientare e alfabetizzare emozioni che sembrano eruttare da un vulcano come lava incandescente. In un caso e nell’altro aiutiamo i nostri pazienti a costruire conflitti fra diverse istanze di sé: conflitti intelligenti, sensati, che aiutano a dialettizzare e quindi a capire meglio le situazioni interne e quelle esterne, a mettere in relazione modi di essere e di fare distanti ed estranei gli uni agli altri. Ci arriviamo per gradi, con un lavoro lungo e paziente, parlando poco e ascoltando molto, tollerando le provocazioni e le offese, le sfide alla nostra intelligenza e competenza. Accettiamo la crisi perché, anche se è dolorosa e mai scontatamente a lieto fine, propone una discontinuità, rompe gli schemi e promuove nuovi modi di pensare. Lo scontro della Val di Susa apre la strada ad alcuni pericoli ma rappresenta anche una grande occasione per capire perché migliaia di persone chiedono ascolto, anche se a volte in modo scorretto e riprovevole; chiedono di rompere lo schema del “partito preso”, del “non disturbate il manovratore”, così vicino a quell’altro, che ancora ci risuona negli orecchi: “Ghe pensi mi!”.
Emilio Masina